Dal 3 al 5 febbraio a Catania vi è un grande evento di devozione: la festa di Sant’Agata, patrona della città. Sant’Agata nacque in una famiglia ricca e nobile intorno al 231 d.C. In un documento risulta di aver dichiarato che “tutta la sua parentela era presente e residente a Catania e lei stessa era nativa proprio di lì”.
I genitori decisero di chiamarla Agata, che in greco significa “BUONA”. In questo nome vi era racchiuso il suo destino; la bontà e la purezza furono le grandi doti di Agata.
Sin dall’infanzia Agata metteva tutto il suo impegno nelle semplici cose di ogni giorno per imitare e testimoniare Gesù.
Non aveva ancora compiuto 15 anni e sentì il desiderio di donarsi a Cristo, consacrandosi solennemente.
Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e con una cerimonia ufficiale le impose il velo color rosso (portato dalle vergini consacrate). La consacrazione la rese felice, perché le consentì di vivere in preghiera; Agata consacrò la sua verginità a Dio e rifiutò le proposte del prefetto romano Quinziano. Costui era giunto a Catania per far rispettare l’editto dell’imperatore Decio e realizzò una feroce persecuzione.
Una delle virtù più eroiche di Agata è stata la sopportazione. Condannata al martirio dal cinico Quinziano, ella continuò a perseverare nella propria fede, essendo incrollabile nelle sue coraggiose scelte di vita.
Il crudele Quinziano la rinchiuse in una cella del carcere per un giorno e una notte (senza cibo e acqua); ma la giovane Agata non disperò e continuò a pregare più intensamente lo SPOSO CELESTE, sopportando ogni tortura con maggiore forza.
Quinziano le domandò: “Che pensi di fare per la tua salvezza?” e Agata rispose: “LA MIA SALVEZZA È CRISTO”.
Con questa risposta, Quinziano si accanì maggiormente e ordinò di amputare le mammelle.
Incisive sono state le parole di Sant’Agata: “NON TI VERGOGNI DI STRONCARE IN UNA DONNA LE SORGENTI DELLA VITA, DALLA QUALI TU STESSO TRAESTI ALIMENTO DAL SENO DI TUA MADRE?”.
I cristiani che avevano assistito al martirio e alla morte di sant’Agata (5 febbraio 251 d.C.), raccolsero con devozione il suo corpo e lo deposero in un sarcofago di pietra che è stato sempre oggetto di grande culto a Catania.
Simone Milazzo