L’ INTERDIZIONE GIUDIZIALE
Gli interdetti giudiziali sono coloro che vengono privati della capacità d’agire dall’autorità giudiziaria perché affetti da una abituale infermità di mente che li rende incapaci a provvedere ai propri interessi.
L’interdizione giudiziale è uno strumento di tutela dell’incapace che serve ad evitare che costui compia atti svantaggiosi per la sua persona. L’interdizione viene pronunciata con sentenza dal giudice, il quale nomina un tutore che provvederà ad amministrare il patrimonio dell’interdetto, sostituendosi a quest’ultimo nel compiere atti giuridicamente rilevanti.
Gli atti compiuti personalmente da un interdetto, senza la rappresentanza del tutore, sono annullabili. L’interdizione può essere revocata dal giudice quando cessa la causa che l’ha provocata. La richiesta di revoca può essere fatta: dal coniuge; dai parenti entro il quarto grado; dagli affini entro il secondo grado; dal tutore; dal pubblico ministero.
L’ INTERDIZIONE LEGALE
L’interdetto legale è una persona che ha commesso un reato abbastanza grave per il quale viene condannato a una pena superiore a cinque anni e il giudice, come pena accessoria, limita anche la sua capacità d’agire.
L’interdizione legale è disciplinata dagli artt.32 e 33 del Codice penale; proprio perché prevista dalla legge e applicata ai soggetti da essa indicati senza l’intervento di un giudice, prende il nome di interdizione legale.
Essa non interessa soggetti affetti da particolari malattie, ma persone che sono state dichiarate colpevoli di gravi reati penali e, dunque, rappresenta una pena accessoria rispetto a quella principale. Di conseguenza, se si verifica una causa di estinzione della pena principale cessa anche la pena accessoria dell’interdizione legale.
L’interdetto legale non può compiere atti di natura patrimoniale per i quali viene sostituito da un tutore, mentre può compiere determinati atti personali (contrarre matrimonio, riconoscere i figli naturali, fare testamento)