“La libertà è il diritto di fare ciò che le leggi permettono” – Montesquieu
LA LIBERTÀ NON È ARBITRIO
La migliore presentazione del termine libertà ci viene dato proprio da Montesquieu che afferma: “non vi è parola che abbia ricevuto il maggior numero di diversi significati e che abbia colpito la mente in tante maniere come quelle di libertà”. Il francese Montesquieu, uno dei più brillanti pensatori del Settecento, con la sua opera “L’ Esprit des lois” apre la strada alla politica moderna. Nella società civile le leggi sono degli elementi regolatori, capaci di mediare le tendenze individuali e perseguire un obiettivo comune. Ogni Stato ha le proprie leggi, che non sono casuali ma condizionate da svariati fattori: sociali, economici, religiosi, etnici; pertanto le leggi non derivano dal capriccio di qualche individuo ma sono la manifestazione della ragione umana. Lo spirito della legge è l’anima delle norme che regolano la società. Montesquieu non ricerca la migliore forma di Stato o di Governo; del resto, le leggi fondamentali dello Stato prescindono dalla natura del governo, che può essere repubblicano o monarchico.
Non si può negare che una sovranità indivisibile e illimitata è tirannica; invece, la sovranità popolare ha la sua fonte e la sua giustificazione nella volontà del popolo. In una società dove vi sono le leggi, la libertà può consistere “nel potere fare ciò che si deve volere” e nel “non essere costretti a fare ciò che non si deve volere”. Montesquieu afferma che la libertà è il “diritto di fare quello che le leggi permettono”; se un cittadino potesse fare quello che le leggi proibiscono, NON VI SAREBBE PIÙ LIBERTÀ!! Si può definire libera quella Costituzione in cui nessun governante possa abusare del potere che gli è stato affidato; per contrastare tale abuso occorre che i tre poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) siano affidati a organi diversi, in modo che ciascun organo possa impedire all’altro di oltrepassare il proprio limite.
Per Montesquieu, la libertà risiede nella separazione dei poteri. Non esiste libertà quando nella stessa persona è unito il potere legislativo a quello esecutivo (c’è il rischio che il monarca o il Parlamento possano fare delle leggi tiranniche). Non vi è libertà quando il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo o da quello esecutivo, perché il giudice non può fare leggi; del resto non si deve dimenticare che nella filosofia greca Platone affermava l’autonomia del giudice e anche Aristotele distingueva tre momenti nell’attività dello Stato (deliberativo, esecutivo e giudiziario).
La divisione dei poteri consente un controllo reciproco tra i vari organi che esercitano tali poteri. Ciascun organo avrà interesse a mantenere la propria autonomia, a difendersi dagli eccessi degli altri due; i membri della comunità statale saranno così garantiti dai soprusi e dagli abusi. Partendo da questa riflessione, alla fine del Settecento si arrivò ad elaborare un elenco di libertà e di diritti fondamentali del cittadino che lo Stato (o meglio, qualsiasi Stato), non avrebbe potuto sopprimere o manomettere. Questa è la grande eredità della rivoluzione francese (1789). I cittadini non sono più sudditi, cioè sottomessi ad ogni volontà dello Stato o del sovrano, ma diventano soggetti di diritto e godono delle libertà fondamentali, solo e semplicemente per il fatto di essere nati. Nessuno al mondo può violare queste libertà e tali diritti.
Prof.ssa Giuseppina Ronsisvalle
Il libero arbitrio è la condizione di pensiero in virtù della quale ogni individuo può determinare in assoluta autonomia la finalità delle proprie azioni. Nessuna forza esterna che entra in gioco, nessuna entità superiore che regge le fila del destino. Ogni aspetto dell’agire e del pensare di un uomo si riduce a un atto di volontà.