La libertà di associazione, riconosciuta a tutti i cittadini dall’art. 18 della nostra Costituzione, ha permesso in Italia la nascita di trecentomila associazioni per perseguire qualunque fine, purché non sia vietato dalla legge penale. La metà di queste associazioni sono di volontariato nel campo dell’assistenza sociale e in quello sanitario, con una maggiore concentrazione nelle regioni del Centro-Nord.È noto che il terzo settore svolge una funzione fondamentale nella società per la tutela dei soggetti più deboli. L’ espressione “Terzo Settore” ha determinato per molto tempo delle confuse interpretazioni. Con la legge 6 giugno 2016, n. 106 viene data una specifica definizione di Terzo Settore; pertanto, rientrano nel terzo settore gli enti privati che vengono costituiti senza scopo di lucro e svolgono attività volontaria (gratuita) per perseguire fini di utilità sociale e di interesse generale. Del resto, questo settore si chiama terzo, perché “si colloca tra lo Stato e il mercato” e dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e della sussidiarietà (art. 5 Cost.).
È stato il governo Renzi a proporre una riforma del Terzo Settore per dare uniformità a quella normativa che storicamente è stata molto frammentaria.
Sono definiti ETS, ovvero enti del Terzo Settore, quelle realtà che prima della riforma erano organizzazioni di volontariato, società di mutuo soccorso, associazioni di promozione sociale. L’ uso della denominazione sociale ETS è obbligatoria in qualsiasi comunicazione o atto di natura pubblica (art. 12).
Con il D.Lgs. n. 117/2017 sono stati definiti vari obiettivi e in particolare:
-garantire il più ampio esercizio di associazione;
-favorire l’iniziativa economica privata per concorrere alla tutela dei diritti civili e sociali.
-favorire e promuovere l’autonomia statutaria degli enti;
–Redigere obbligatoriamente l’atto costitutivo e lo Statuto;
-Favorire la creazione di reti associative per realizzare una condivisione dei servizi;
-Accrescere la trasparenza delle associazioni.
Su questo ultimo punto, occorre precisare che la riforma prevede per le associazioni l’obbligo di iscriversi in un Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, i cui dati (revisionati almeno ogni 3 anni) saranno opponibili ai terzi (con efficacia dichiarativa).
Un’ altra importante novità della riforma è l’istituzione di un FONDO destinato a finanziare le attività di interesse generale del Terzo Settore. Infine, il decreto prevede un riordino della disciplina relativa alle detrazioni e alle deduzioni in favore di coloro che effettueranno erogazioni benevoli agli enti del terzo settore, nonché agevolazioni degli enti in materia di imposte dirette e indirette e l’accesso ad agevolazioni erogate sotto forma di incentivi fiscali maggiorati, al “social bonus” e ai “Titoli di solidarietà”.
Prof.ssa Giuseppina Ronsisvalle
Con “Riforma del Terzo settore” si indica il complesso di norme che ha ridisciplinato il no profit e l’impresa sociale. Ad oggi, l’intervento legislativo non è stato ancora completato, in quanto non sono stati emanati tutti gli atti previsti dai decreti legislativi di attuazione della legge delega 106/2016.
La legge delega 106/2016 definisce il Terzo settore come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, attraverso forme di azione volontarie e gratuite o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. In particolare
nel Terzo settore non rientrano le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche;
le disposizioni della legge delega e dei decreti attuativi da questa discendenti non si applicano alle fondazioni bancarie;
i settori delle attività di interesse generale sono razionalizzati attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la normativa precedentemente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti del Terzo settore.
A parer mio la parola riordino e lo scopo principale del codice, ci sono tre esempi di riordino: PRIMO: vengono abrogate diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (460/97).
SECONDO: vengono raggruppati in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore (Ets). Ad espio volontariato associazioni di promozione sociale imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali),reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).
TERZO: vengono definite in un unico elenco riportato all’articolo 5 le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitati dagli Enti del Terzo settore. Si tratta di un elenco, dichiaratamente aggiornabile, che “riordina” appunto le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente)